L'Italia, per quanto attiene alle direttive comunitarie che coinvolgono l'impiantistica elettrica non è certamente un Paese trainante. La colpa non si può attribuire ai tecnici e agli imprenditori del settore che non hanno nulla da invidiare, almeno come preparazione tecnico-scientifica e volontà di ammodernamento, ai colleghi europei, ma all'inerzia del legislatore, tradizionalmente sordo a tutte le istanze riguardanti gli impianti elettrici.
È del tutto evidente che, essendo rimasti per quasi mezzo secolo inchiodati al DPR 547 del 1955 e al relativo corollario di decreti attuativi, le leggi comunitarie, di gran lunga più giovani e snelle, ci trovano spiazzati e ci costringono a faticose rincorse. Ciò spiega la renitenza che talvolta si manifesta verso l'introduzione tempestiva e diligente delle direttive comunitarie, viste come foriere di turbativa e di sudditanza passiva nei confronti dei partner dominanti. Tale atteggiamento si è soprattutto manifestato nei confronti delle direttive che riguardano gli impianti elettrici nei luoghi esposti al rischio di atmosfere esplosive che hanno stravolto la vecchia normativa nazionale. Ora, per tutti coloro che hanno accettato di masticare le radici amare della nuova pianta, dovrebbero maturare i primi frutti dolci che l'ultima Direttiva della serie, la 1999/92 dovrebbe portare.
Recepita, dopo 4 anni e fuori tempo massimo rispetto agli impegni comunitari, dal Decreto legislativo 12 giugno 2003, tratta le prescrizioni minime per la tutela della sicurezza nei luoghi che ospitano lavoratori esposti al rischio di atmosfere esplosive ed è una integrazione del D.Lgs. 626/1994. A prescindere dai contenuti specifici, trattati in altra parte di questa rivista, vanno evidenziate cinque prescrizioni che dovrebbero avere un impatto decisamente positivo sull'intero comparto dell'impiantistica elettrica antideflagrante:
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1) i datori di lavoro sono responsabilizzati in prima persona nella classificazione dei luoghi pericolosi; ciò significa che chi sa classificare dovrebbe veder decisamente rivalutata la propria professionalità;
- 2) tale classificazione, anche ai fini non pertinenti all'impianto elettrico, si attua con il metodo specificato dalle norme elettriche; i progettisti che si sono aggiornati partirebbero in prima fila alla conquista del nuovo interessante settore di attività;
- 3) i datori di lavoro sono responsabilizzati in prima persona per quanto concerne la scelta dei modi di protezione e delle categorie delle costruzioni di sicurezza; con ciò i progettisti, i costruttori e gli installatori non dovrebbero più subire le sollecitazioni alla sottovalutazione del pericolo per vincere gli appalti adottando precauzioni poco costose e poco adeguate;
- 4) per le zone classificate 2 e 22 non è più necessario coinvolgere le ASL in onerose verifiche iniziali, periodiche e straordinarie; il malvezzo di esagerare per non correre rischi dovrebbe essere scoraggiato e la parcella pagarsi da sè con i risparmi conseguiti operando con responsabilità e professionalità;
- 5) entro il giugno 2006 tutti i luoghi di lavoro che comprendono zone a rischio di esplosione dovrebbero essere adeguati alle nuove normative; il conseguente incremento di lavoro non può essere che ben accetto in tempi di crisi perdurante.
Purtroppo, come esperienza insegna, tutte queste meraviglie, destinate a cambiare in meglio i rapporti etici ed economici tra gli operatori elettrici e la committenza, vanno trattate al condizionale perchè corrono in Italia il forte rischio di tradursi nella solita burletta; se lo Stato non si deciderà a predisporre un apparato di controlli efficiente e severo e continueremo a permettere al furbo italico di applicare alle nuove regole le vecchie furberie evasive, le prospettive di portare il settore ai livelli europei di dignità e di remunerazione rimarranno una chimera.